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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Sia fatta la tua volontà.
Nel talamo eternale sacrificazione senza morizione. Lui
ama lasciarsi sacrificare. Se ne dà la capacità, con la sua
metamorfosi. Si trasforma da atto puro in potenza là dove
è la sua sacrificazione. Ora è sacrificabile fino al moribile.
Fecondità sacrificale: sommo bene: la generazione
temporale del Figlio, cui partecipa la sua volontà sacrificale:
sacrificabile da altri.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato; bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale
come in cielo così in terra. È la volontà divina
Paterna. È radicata nell’Essere Divino, che è fatto di
Amore Sacrifical-Beneficale. Vi attinge il suo contenuto
che lo qualifica come Volontà Sacrificale, e la sua direttrice:
vuole il sacrificale; il primo è il suo.
1) Col suo ama sacrificarsi. Volontà da talamo eternale. In
quel talamo essere, volere e fare sono un unico atto
puro. Per quell’atto il Padre è: espropriazione in cessione,
personificazione di Figlio in comunione. Sacrificale
sommo che è sommo beneficale. Il sacrificale genera il
beneficale. Questa volontà rimane fuori dal nostro pregare.
Gesù stesso non ve l’ha inclusa. Il Padre ama
sacrificarsi. La sua sacrificazione parte da Lui; la pone
il Padre e non la riceve da alcuno. Neppure dal Figlio
che non sacrifica il Padre. Il suo amore non lo trattiene
per sé, non lo egoisticizza, ma lo fa rifluire in proprietà
Paterna: è la comunione Trinitaria. Nel talamo eternale
non è possibile lasciarsi sacrificare. Ma il Padre
vuole fermamente essere sacrificato, perché Lui ama
piccolare fino all’estremo assoluto.
2) Il Padre ama lasciarsi sacrificare. Quello che non è possibile
nel talamo eternale, lo rende fattibile in un nuovo
talamo, luogo della sua metamorfosi. È qui che crolla
la sua immutabilità da noi affermata, insieme alla sua
impassibilità. Per lasciarsi sacrificare il Padre si dà una
misteriosissima metamorfosi. La trasformazione se la
dà proprio nell’atto puro eternale. Puro perché non
mescolato a potenza come lo siamo noi (che divenia-
mo). (Lui non è divenuto). In metamorfosi il Padre si
potenzializza in quelle qualità che formano l’atto puro.
L’atto puro è espropriazione in cessione di personificazione
comunionale.
In metamorfosi le qualità si potenzializzano e cambiano
così: in espropriabile, cedibile, concepibile, vivibile al
sacrifical-beneficale. Già nel talamo eternale vedemmo la
beneficazione della sua sacrificazione: l’eterna generazione
del Figlio. Ora nel talamo temporale la prima cosa che
ci si dà da vedere è la generazione temporale del Figlio: lo
Spirito del Padre metamorfosato, espropriato si cede in
forma personale di Figlio, da vivere al sacrificale. Quel
Figlio meraviglioso viene a trovarsi con una sola volontà
partecipata sostanzialmente dal Padre: si trova con un
essere fatto di amore sacrificale, vi si radica una volontà
che si carica solo di sacrificale. Un sacrificale che non può
darsi come il Padre, ma che può solamente ricevere: vuole
lasciarsi sacrificare. Da chi mai otterrà di essere sacrificato?
Sarà il Padre a provvedere ai sacrificatori del Figlio.
Intanto: colla sua metamorfosi emerge una facoltà nuova:
la creatrice. Dal suo esercizio discende ogni cosa: la coppia
e la famiglia angelica, il cosmo: cielo e terra; la coppia
e la famiglia umana, dalla quale usciranno i sacrificatori
del Figlio. Di nuovo la fecondità sacrificale.

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