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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale. Inciso: il
pianto di Gesù. Dolore fisico e pianto cui accede il dolore
morale. Dolore morale e pianto. La comunione divina
è tutta spirituale e può rimandare nel sensibile (santi per
il peccato). Che pianto è stato quello di Gesù?
a) A priori: non egoisticale.
b) A posteriori: Gesù ama Lazzaro: sorelle, evangelista,
Gesù, Giudei.
Che amore è il suo?

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacifica-
zione mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: dolore fisico e morale sono
il suo costo.
Il morale me lo preparo con la mia egoisticità che fa
comunione con me stesso, sugli altri, con gli altri.
La comunione colpita e infranta mi dà il dolore morale e
il pianto. Ambedue egoisticali, ma anche ambedue sommamente
beneficali, per chi ha appreso l’arte del buon
impiego. Spontaneamente anche se dopo mi è giunta la
sfida, c’era già programmata una sosta sul pianto di Gesù.
È il momento adesso. Che pianto è stato quello di Gesù?
Dolore e pianto sono sempre congiunti.
1) Talora il pianto si accompagna al dolore fisico, cui
accede sempre il dolore morale per il male che mi fa
alla comunione meitaria.
2) Tal’altra il pianto si accompagna al dolore morale.
a) È un dolore spirituale in quanto me lo dà la comunione
egoisticale infranta, per far su la quale io
impiego uno spirito: il Paterno.
b) Esso induce pure il pianto sensibile in quanto a far
comunione entra pure la sensibilità del comunionante
e del comunionato.
c) La comunione divina per ambedue le parti: Dio e la
persona, è totalmente spirituale.
Quando il Padre subisce la morte dell’amore ne ha sicuramente
dolore pneumatico e ne ha anche pianto sensibile?
Sicuramente no, perché non ha sensibilità fisica. Però noi
sappiamo che un cristiano per bene facendosi male
all’amore ne ha dolore pneumatico così forte e intenso da
riversarsi anche nella sensibilità, inducendone il pianto.
Può darsi che il Figlio con il suo pianto ci abbia ad aprire
alla comprensione del dolore divino. Vediamolo. Che pianto
è stato quello di Gesù? Sicuramente pianto di dolore,
non di gioia. Ma di quale dolore? Forse egoisticale?
1) Possiamo dare una risposta a priori o in partenza: eccola.
In Gesù non c’è amore egoisticale. La comunione
che Lui fa non è egoisticale autoritaria: sugli altri; o
paritaria: con gli altri. Non c’è frantumazione per la
morte di Lazzaro, quindi non c’è e non ci può essere
pianto egoisticale. La comunione che fa Lui è beneficale
in funzione sacrificale. Il discorso sul suo pianto di
dolore sarebbe già chiuso; ma approfondiamo meglio.
2) Ecco la risposta a posteriori o in arrivo. Per fare comunione
occorre l’amore. L’amore c’era. Lo attestano le sorelle
di Lazzaro: ‘Colui che ami è ammalato’. Lo attesta
l’evangelista Giovanni: ‘Gesù voleva bene a Lazzaro’.
Lo afferma Gesù stesso: ‘Lazzaro, il nostro amico,
dorme’. Lo attestano i Giudei, che davanti al pianto di
Gesù esclamano: ‘Guarda come lo amava!’. L’amore di
Gesù verso Lazzaro realmente c’è. Si tratta di stabilire di
che amore si tratta, quindi di quale comunione, di quale
dolore e di quale pianto.

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