Introduzione

Avere un punto di riferimento e di orientamento, di misurazione
e di condivisione della realtà è estremamente importante
nel nostro cammino di approfondimento della Verità.
Perché non avvenga che le cose si confondano, e si ricerchino
con difficoltà le realtà che invece, con un ‘Greenwich’ di
riferimento nell’osservazione, possiamo insieme trovare e
gustare nel nostro cammino di osservatori e scrutatori degli
orizzonti e delle mappe che ci si presentano all’orizzonte.
Avere la giusta misura delle cose della terra e del cielo,
questo ci viene concesso, per quanto a noi è possibile, grazie
alla convenzione che ‘Greenwich’ ci offre nell’oggettività del
percorso; e che ora, quindi, da un osservatorio personale,
mira a una irradiazione e a una condivisione delle realtà scoperte,
riscoperte e rinnovate nel percorso della nostra mente,
della nostra anima e del nostro cuore. E il nostro cuore ci
appare ora, nello studio di questa Verità sempre più amata,
come il cuore del mondo: del mio mondo, del mondo del rapporto
con l’altro, del mondo stesso materiale e ora soprattutto
pneumatico: spirituale. Non possiamo certamente illuderci
di misurare con certezza il Mistero, questo no assolutamente.
Ma possiamo, con i dati di ‘Greenwich’, orientarci
sempre meglio nel cammino di questa Verità che ci rende
sempre più vicini a essa, al cuore della vita, per poter passeggiare
sereni e grati, ogni giorno, con questa pneumatica
mappa, sulle strade di quell’universo che ci viene donato.


332

Decimo dono: pregare il sacrificale facendo.
Quello fisico venga.
*) Richiesta: insito nella forma sensibile, programmato,
non cedibile. Il valore è dalla variabile intensità. Vale
in sé e vale per:
a) Il suo fare: mi chiama alla guarigione segno di un’altra.
b) Il suo dire: di un altro dolore: lo pneumatico.
Satana anestesista. Anestesia cesserà alla nascita al cielo:
sentirò il conscio e l’inconscio, il solubile e l’insolubile.
Lo sente ora il Padre.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Al fare sacrificale ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale, da dire e da fare. Bene appellato e collocato.
Bene augurato e perorato: venga il tuo Regno sacrificale
temporale e eternale; col tuo il nostro: il cosmico, il
bellico, l’inimicale, il fisico. Venga il nostro sacrificale fisico.
È insito nella forma potenziale data alla vita. Ad essa
effettivamente unito; da Satana affettivamente smembrati.
Dal cristiano ricomposti in unità affettiva mediante l’amore
sacrificale che stiamo recuperando con appropriate conoscenze
visuate che facciamo scorrere da quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
La domanda: qual è il suo costo? Un’unica risposta: è il
dolore sia fisico che morale.
*) Il fisico a sua volta può essere naturale o artificiale.
Siamo al naturale: ha una grande varietà per la molteplicità
delle parti del corpo. Il valore è proporzionato al suo
costo, e il valore lo passa integralmente al sacrificale fisico.
È il dolore che avvalora il sacrificale.
a) Come il sacrificale è insito nella forma potenziale della
vita, così il dolore è insito nella forma sensibile della vita.
Il dolore lo dobbiamo alla sensibilità fisica della vita.
b) Come il sacrificale, così il suo dolore ha la sua programmazione
vitale e si muove esclusivamente nell’ambito
personale: non è cedibile da persona a persona. Solo
Gesù può far discendere il suo dolore crociale in una
creatura bene abilitata come S.Francesco, stigmatizzato.
c) Il dolore fisico trae il suo valore dalla sua variabile
intensità: il dolore ha indefinite gradazioni: da quelle
ottiene il suo valore. Vale in se stesso, ma anche vale
per il suo fare e dire.
1) Cosa mi vuol fare. Ha un valore naturale: il dolore
attira l’attenzione sulla parte che è in malattia. Il
dolor di denti mi chiama su quell’ammalato. E perché
mi chiama? Non certo per aggiungere al fisico
anche il dolore morale, ma per sollecitarmi a rincorrere
i mezzi per la sua guarigione. Il dolore fisico è
benefico: mi vuol salvare la vita. Vuole la mia guarigione,
e io devo impegnare i mezzi ordinari a mia
disposizione. Guarire è un segno profeticale: mi
parla della possibile guarigione pneumatica.
2) Cosa mi vuol dire. Ha un valore profeticale: mi parla
di un altro dolore che lo supera infinitamente: il
dolore pneumatico, che dovrei sentire quando mi
faccio male all’amore. L’amore che si fa male è
quello sacrificale; il male che si fa è l’egoisticità.
Satana mi ha atrofizzato la sensibilità spirituale dell’amore
sacrificale mediante il piacere che mi dà l’egoisticità
dell’amore. Il piacerale è l’anestesia al dolore pneumatico.
Dovrei arrivare a sentire il dolore pneumatico come quello
fisico: dono da santi. Quello che non sentiamo in vita,
lo sentiremo prontamente alla nascita al cielo e lo sentiremo
fino allo scioglimento del male che ci siamo fatti
all’amore consciamente e inconsciamente. Ognuno sentirà
che il suo dolore è solubile o insolubile.
1) Se lo volete toccare il Purgatorio, il dolore fisico vi fa
allungare la mano fino a toccarlo.
2) Ma vuol farci toccare con mano anche il dolore insolubile.
Sarà l’ultimo, che si fermerà solo con la morte. Se alla fine di
qui non riuscirà a spuntare il dolore pneumatico, prontamente
alla nascita sentiremo un dolore morale terribile struggente:
sarà pianto (dolore morale) e alla fine si aggiungerà lo stridore
di denti (dolore fisico). Dolore salvifico. Mi parla pure
del dolore pneumatico Paterno. Cosa sente il Padre che in
tutta l’umanità ai giorni nostri si fa orribilmente male
all’amore? Sente un dolore così vasto, immenso, profondo,
svariante, struggente, da non potersi neppure confrontare con
quello del Figlio in croce nella Chiesa. Il Figliale è temporaneo,
il Paterno è tendenzialmente eternale. Il dolore fisico è lì
per salvarci di qui temporaneamente, ed eternamente di là.

333

Decimo dono: pregare il sacrificale da fare.
Venga il sacrificale fisico.
Terza richiesta: il dolore fisico naturale si porta con
l’amore sacrificale che lo fa libero con la pace. Satana lo
vuole schiacciante, non modificandolo, ma facendocelo
odiare: il piacerale che avanza mi fa proporzionalmente
pesante il dolore, fino a una soluzione.
1) O preghiera egoisticale, o suicidio o eutanasia. Così
mi chiude la via alla vita: il dolore.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
Il suo costo è il dolore fisico e morale. Il fisico naturale ha
costi svariati. Dipendono da molti fattori: la forma di
malattia, l’organo che si ammala, la durata del dolore, le
fasi della malattia. Ad ogni costo corrisponde il suo valo-
re: vale in se stesso; ma vale pure per il bene che mi fa: mi
chiama alla guarigione, e mi chiama pure a quel dolore
pneumatico che non sento di qua, ma che sentirò alla mia
nascita al cielo.
Stiamo parlando del dolore fisico naturale: quello che mi
dà una qualsiasi malattia, e che non ha in sé nulla di eccezionale,
di esorbitante e di esagerato. Il corpo mio in
malattia mi dà solo il dolore che mi deve dare.
Stando così le cose, io devo pure farmi convinto che ogni
dolore programmato dal Padre unitamente al sacrificale
fisico è portabilissimo: si può portare, con un minimo di
amore sacrificale. Anzi, il Padre con una maggior fornitura
di amore sacrificale vuole alleggerire il peso del dolore.
Non dimentichiamo che il Padre assegna al sacrificale
dolorante una pace che il mondo non dà, al punto da farne
un giogo soave e un carico leggero.
Il Figlio ne dà conferma. Ma c’è qualcuno che è interessato
a limitare, anzi a gonfiare, meglio ancora: a esagerare,
a farne un costo stellare: a portarmelo fino alle stelle per
rendermelo non tanto irraggiungibile, ma non portabile. Vi
è personalmente interessato Satana.
Come fa a farci salire il costo del dolore? Sicuramente non
accrescendone la sua gravità, la sua intensità, la sua durata.
Sacrificale e dolore sono effettivamente congiunti, ma
Satana ce li disgiunge affettivamente.
Se ci fa odiare il sacrificale, ancor più vuol farci odiare il
dolore. Il sacrificale ineluttabile, ma il dolore eliminabile:
può essere eliminato. Direttamente Satana fa impazzire
l’amore egoisticale, allestendo una fiera nella quale è facile
rinvenire piacerale per tutti i gusti. Ci fa lanciatissimi
sulla superstrada del piacerale. Il piacerale conseguito mi
fa sempre più pesante il sacrificale dolorante, fino a quel12
la gradazione che la creatura sente di non poter sopportare.
La fuga non è possibile. Si affacciano sull’orizzonte
egoisticale una serie di soluzioni.
1) Il cristiano che sembra pio impugna l’arma della preghiera:
fammi morire, Signore, metti fine al mio dolore!
2) Il miscredente mette mano ora alla pistola, ora a barbiturici,
e così va convinto di avere la meglio sul dolore.
3) La società del benessere ormai è pronta a fornirsi di
uno strumento di legge per bandire il dolore terminale
con una morte dolce: eutanasia.
Ci stiamo avviando verso di essa, e la via che percorriamo
è il piacerale che inesorabilmente va eliminando la resistenza
nel dolore. Così Satana lavora per sbarrarci la via
della vita, che è il dolore.

334

Decimo dono: pregare il sacrificale da fare.
Venga il sacrificale fisico.
Terza richiesta: al naturale la persona sa aggiungere il
dolore artefatto: sensibile, sommo, con metodi raffinati: è
umano, diabolico e Paterno: la tortura. Spiegazione. Il
Padre vuol significare il suo nel tempo; il suo e il nostro
nell’eterno prima sulla imago e poi nel corpo della risurrezione.
Capaci di esecrare e di denunciare l’assenza di
Dio, non il messaggio.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale da dire e da fare. Bene appellato e
collocato. Bene augurato e perorato: venga il tuo Regno
sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il fisico:
venga il nostro sacrificale fisico.
Deriva dalla forma potenziale della vita. Effettivamente ad
essa unito, affettivamente stralciato da essa.
Possibile la riappacificazione mediante l’amore sacrificale
che attingiamo dal visuato Paterno pronto a rispondere
a quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
Il suo costo è il dolore fisico e morale. Il fisico naturale è
assai vario nella sua intensità: dal tenue al fortissimo. Dal
costo dipende il suo valore.
Più costa, più vale. È lui che avvalora il sacrificale. Mi è
pure beneficale: mi chiama alla guarigione, e mi parla di
quell’altro dolore pneumatico che è bene averlo di qui, per
non sentircelo scoppiare alla nostra nascita al cielo.
Il fisico è naturale, quindi sopportabile con un normale
amore sacrificale.
Satana vuole elevare il costo fino alle stelle lanciandoci
sulla via del piacerale che va riducendo la capacità a soffrire
fino al punto da rendercelo insopportabile, e avviarci
a una decisione che può essere fatale: l’arma della preghiera,
l’arma del suicidio e l’arma di una morte dolce:
l’eutanasia.
Al naturale le persone te ne sanno aggiungere un altro: il
dolore fisico artefatto. È un dolore provocato ad arte.
Quasi quasi lo chiamerei: dolore artistico.
1) È un dolore sensibile che può essere procurato sensibilmente
solamente dalla persona fisica. Satana non ne è
capace direttamente. È un dolore che supera immensamente
il naturale, anche perché viene prodotto con tecniche
dolorifiche che ci fanno rabbrividire al solo pensarle:
pensate alle membra scarnificate, straziate, pensate
allo spasimo di esse (di una crocifissione). Un termine
che racchiude: tortura.
2) Per fare questo la persona dispone di un potenziale diabolico.
La crescita dell’odio umano può toccare vertici sbalorditivi,
al punto da eliminare qualsiasi senso di pietà e di
compassione verso la sua vittima. Odio diabolico dunque.
3) Ma non solo, perché non è assente il Padre. È Lui che
accetta di lasciarsi trascinare a un odio orribile pronto a
esprimersi in quelle forme orribili. Non ci è facile trovare
una spiegazione a questi fatti da brivido, che sarà
bene non lasciar vedere in televisione dai figli; ma il
visuato è pronto a fornircela.
Tortura umana mette in scena la Paterna Pneumatica e ci
vuol dare in anticipo una pallida idea di quella tortura pneumatica
che Satana col suo esercito diabolico è pronto a scatenare
eternamente prima sulla imago di un dannato e alla
fine dei tempi sul corpo della risurrezione di un dannato.
Davanti a tale dolore artefatto praticato nei campi di sterminio
dell’ultima guerra mondiale, perpetrato in intere nazioni,
come la ex Jugoslavia, noi Chiesa cristiana siamo capaci
solamente di disapprovare, di giudicare, di esecrare, e
caso mai di invocare la vendetta di Dio, e non ce la facciamo
a cogliere quel messaggio profeticale che il Padre ci
vuol far giungere. Qualsiasi tortura sensibile non è paragonabile
a quella pneumatica che Satana ha in animo di praticare
su quelli che saranno suoi per sempre.

335

Decimo dono: dire il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il costo è dato pure dal dolore morale:
modo di agire: d’animale e di persona. Impiego del mio
amore egoisticale. Toccato, mi dà il sentire determinato:
mi piace o no. Mi faccio su egoisticamente. L’egoisticità
colpita mi dà il dolore morale che mi scioglie in pianto.
Dolore dovuto al mio modo di agire egoisticale.
Egoisticità malamente colpita.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
Il costo del sacrificale è dato dal dolore fisico, che può
essere naturale o artefatto.
È dato pure dal dolore morale. Se ne parla, ma con molta
superficialità e quindi senza comprensione.
È proprio l’incomprensione che vorremmo rimuovere, e lo
facciamo con l’aiuto magico del visuato Paterno. Il dolore
si specifica doppiamente (è di due specie): c’è un dolore
fisico che ha la sua sede nelle sensibilità corporea; c’è
un dolore che si specifica come morale. Vediamolo.
Morale (che ha la sua sede nel sentire proprio dell’amore),
viene dal latino: mos, moris: indica un modo di agire, e
quindi un costume di vita.
1) L’animale ha un suo modo di agire: agisce adoperando
sempre un suo amore naturale, che non ha nulla di spirituale;
è un amore puramente sensibile, che ha una sua
forma: quella istintiva.
2) La persona ha un suo modo di agire: agisce adoperando
sempre un suo amore spirituale che gli è venuto personalmente
dal Padre al suo primo incominciare.
Nell’atto coniugale in cui sono incominciato un raggio di
spirito di amore Paterno, capace di irradiarsi nelle creature
per la sua metamorfosi Paterna, espropriato mi si cede,
dal suo Agente mi si fa concepire, mi si dà da vivere al
sacrificale: battesimo cresimato Paterno incosciente.
Satana mi impedisce la risposta sacrificale e mi fissa nell’amore
egoisticale, imponendogli la forma dell’istinto:
ecco l’istintivo amore egoisticale. Questo amore è spirituale
e non può essere colto dai sensi, i quali non lo possono
avvertire. Ma l’amore (lui si fa notare) ha una sua
capacità a farsi notare. Infatti quando entra in azione, mi
dà un suo sentire. Non è udire, non è ascoltare i suoni. Il
suo sentire non è indeterminato, ma viene determinato, o
dal piacere o dal dispiacere. Sento che mi piace, sento che
non mi piace: è l’amore che si manifesta in azione: è il
dolore. (Il sentire che non piace è il dolore) Dolore morale;
è il dolore proprio dell’amore che sente.
In me c’è un solo amore: l’egoisticale. Non è fermo, ma in
movimento continuo, perché non posso fare senza adoperarlo.
Adoperandolo io mi faccio su con lui e lui con me.
Il dolore lo sento e nell’atto e nell’abito egoisticale. L’atto
lo chiamo egoisticale; l’abito lo chiamo la mia egoisticità.
Quando viene ferita mi dà la sensazione del dolore. E
quando la mia egoisticità viene colpita a morte, il dolore
che me ne viene è un dolore mortale.
Come abbiamo un dolore fisico attuale proprio di una
malattia, e un dolore fisico mortale proprio di una morte,
così abbiamo un dolore morale proprio di una ferita e un
dolore morale mortale proprio dell’amore egoisticale colpito
a morte. Possiamo allora fermare una definizione: il
dolore morale è un dolore che mi dà la mia egoisticità
quando viene malamente colpita.

336

Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il costo mi è dato pure dal dolore morale.
*) Da comunione meitaria: comunione è la finalità dell’amore.
Avviamento Paterno. Blocco satanico. Crescita
automatica. La gioia egoisticale del vivere. Tutto è pronto
per lo scoppio del dolore morale per quando la comunione
è ferita.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale da dire e da fare. Bene appellato e
collocato. Bene augurato e perorato: venga il tuo Regno
sacrificale: temporale e eternale. Col tuo il nostro: il
cosmico, il bellico, l’inimicale, il fisico: venga il nostro
sacrificale fisico. Deriva dalla forma potenziale della vita.
Effettivamente ad essa unito, affettivamente stralciato da
essa. Possibile la riappacificazione mediante l’amore
sacrificale che attingiamo dal visuato Paterno pronto a
rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
Il suo costo è dato dal dolore fisico: naturale e artefatto;
come pure è dato dal dolore morale: è un dolore che è conseguente
al mio modo di agire (emanazione di egoisticità
comunionale abituale ferita).
A ogni tocco il mio amore egoisticale mi dà un sentire
determinato: mi piace o non mi piace. Ne segue il mio
agire che è di presa o di rigetto.
Mi faccio su egoisticamente. La mia egoisticità colpita
malamente mi dà il dolore morale. Il dolore mi dà il pianto.
Pianto e dolore sono egoisticali.
È essenziale all’amore la finalità comunionale. L’amore
vuole fare comunione. Dal latino: unio-cum: unione con.
a) Avviamento Paterno. Il raggio di amore Paterno mi
ha raggiunto in posa comunionale. Lui diventa mio
per espropriazione: la sua meità, perché io vivendone
diventi suo: la mia suità. Pure:
b) Bloccaggio satanico. Manipolato da Satana, l’amore
Paterno mantiene la sua finalità comunionale; mi
viene proibita la direzione rispondente: non con Lui,
ma dal momento che Satana me lo ha egoisticizzato,
la comunione è con me stesso: comunione egoisticale.
Le do una espressione magica: la comunione meitaria.
c) Crescita automatica. La vita in ogni suo aspetto ha
la sua crescita. Cresciamo fisicamente, intellettualmente,
e cresciamo comunionalmente.
d) Volontà specifica.
1) La comunione meitaria sempre più mi vuole vivente
e sempre meno morente.
2) Mi vuole efficiente e sempre meno inefficiente.
3) Mi vuole permanente e sempre meno tramontante.
Poiché mi vuole così, io mi amo vivente, efficiente
e permanente.
e) Gioia derivante. La gioia della vita come la gioia del
vivere è legata alla qualità sua.
1) Gioia effervescente con una vita vivente, efficiente e
permanente.
2) Gioia degradante con una vita calante, inefficiente e
tramontante.
Amiamo la festa, la gioia della vita. Il male gravissimo è
che abbiamo agganciato Dio, religione e pratica religiosa
alla gioia della vita: al piacerale della vita.
Quando la gioia si spegne, anche Dio è facile che vada in
spegnimento.
La gioia della vita non si può che collocare nella classe
egoisticale: gioia del vivere è gioia egoisticale. Come mai
non ci siamo lasciati toccare dalla parola illuminante del
Maestro Gesù, il quale dopo di aver tracciato le condizioni
della sequela: ‘Se qualcuno mi vuol seguire rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua’, emana una sentenza
che non sbaglia di un millimetro: ‘Chi ama la sua vita
la perde, e chi la dà per me e per il mio vangelo l’avrà eterna’?
Per accrescere e accelerare la comunione meitaria
non occorre neppure agire, ma è sufficiente un vivere
naturale e normale.
La vita è come un orologio che si carica col semplice
movimento della mano.
Col solo vivere io vado in comunione meitaria. Per quella
comunione sono in malattia abituale dell’amore.
Tutto è preparato per lo scoppio del dolore morale, il
primo quello che mi si prepara con la comunione egoisticale
personale.

337

Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale.
*) La comunione meitaria colpita da male fisico. Tre fasi:
1) Fase suspiciosa: ansia e sballottamento agitato tra
speranza e paura.
2) Diagnostica: crollo; attracco a Dio. Il morale è giù.
Immaginario.
3) Terminale: straziante per due agonie: la fisica e la
morale: ultima a morire è la speranza egoisticale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: dolore fisico naturale e artefatto
è il suo costo.
Ad esso si accompagna sempre il dolore morale: ‘E il dolore
che proviene dal modo abituale di vivere, e quindi dal costu-
me di vita’. Senza saperlo il costume è egoisticale.
L’egoisticità colpita ci dà dolore e pianto, ambedue egoisticali.
L’egoisticità è data dall’amore egoisticale col quale ci
siamo fatti su. È sempre comunionale: fa sempre comunione.
*) La più profonda e meno appariscente è la egoisticità meitaria.
Il Padre avvia la comunione. Satana la devia bloccandola
su di me. Cresce automaticamente con me. Mi vuole vivente,
efficiente, permanente. Mi amo così. Me ne viene la gioia
del vivere. Essa pure l’abbiamo classificata egoisticale. Il
dolore morale è pronto a scoppiare non appena viene colpita.
(Primo colpitare) È soprattutto la malattia fisica che mi
colpisce la comunione meitaria. Se mi trovasse in comunione
sacrificale non mi farebbe alcun male. Invece mi
trova in comunione egoisticale. Dipingo il dolore morale
nelle sue tre fasi distinte:
1) Fase suspiciosa: da alcuni segnali fisici si sospetta la presenza
di un male temuto da tutti. (Agitazione) Siamo
subito allo stato ansioso. È lo sballottamento tra paura e
speranza. Animata dalla ricerca di casi consimili con
tanto di raffronto per avere la certezza che non è il caso
nostro. Il pensiero sempre fisso a quella eventualità è una
tortura psicologica dalla quale vogliamo liberarci, ma ci
fa terrore la conferma che si tratti proprio di quella.
2) Da quello stato si esce con una decisione. Andiamo a
farci vedere. Quello che si temeva è proprio reale. Siamo
alla fase diagnostica: accertato il male che non perdona.
Ci si sente in caduta libera: crollo e smarrimento; ci si
sente perdere senza più alcun sostegno. Si esce e ci si
aggrappa: unico sostegno appare Dio, la Madre, i Santi:
ci si aggrappa con una supplica sincerissima e non meno
egoisticale. A merito si produce il bene fatto e la promessa
di generosità maggiore, magari un voto. Il santuario è
ricettacolo naturale di tanta richiesta egoisticale.
Movimento pericoloso: un cielo chiuso può ottenere una
brutta respinta. Intanto l’immaginario proiettato sull’esito
e lo svolgimento della malattia si va costruendo sul
tracciato del decorso comune. È la fase dell’incubo nella
quale il morale crolla a pezzi e più nessuno riesce a
ricomporlo. Non sono sufficienti le parole: ‘Su di morale!
Su, coraggio!’. Sono una soffiata d’aria che non sa
neppure rianimare.
3) La fase terminale è la più spasimante (straziante). È doppia
agonia: la fisica, col suo costo altissimo di dolore che
ci tortura, ci spreme e ci getta via come uno straccio; la
morale: che vive l’annientamento della speranza egoisticale.
Momento pericolosissimo perché il crollo egoisticale
può portare con sé l’annullamento della speranza e dell’appoggio
religioso. Quel terribile dolore morale è mio:
io lo vivrò, e non gli altri. Pure mio, perché me lo sono
preparato io con la mia comunione meitaria. Solo l’amore
sacrificale me lo può fare accettabile e prezioso.

338

Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale. La comunione
autoritaria: la materna: si va concentrando su pochi.
La fisiologica che fa scattare la psicologica. Oggi male
tollerato dal figlio, che preferisce la paritaria. E non vale
favorirla col piacerale. È degradante. Ma quando viene
colpita mortalmente da male o disgrazia il vulcano raggiunge
Dio per incenerirlo.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: il suo costo è dato dal dolore
fisico congiunto al morale: ‘Dolore che sgorga dal modo
abituale di vivere: dal costume di vita egoisticale’. Per
ogni azione ci si fa su egoisticamente. L’egoisticità è
comunionale. La prima è meitaria. A ogni colpo ecco
scoppiare il dolore morale. Il colpo più duro lo riceve
dalla malattia fisica. Il tre fasi successive il dolore va in
crescendo: fase suspiciosa, diagnostica e terminale.
Segue a ruota un’altra comunione cui assegniamo subito il
suo titolo: ‘Comunione autoritaria’. Diciamo: segue.
Infatti la meitaria parte con un possesso iniziale totale. Io
sono mio e comunico tutto con me stesso. L’autoritaria è
degradante (discendente) (calante) e la sua difesa impegna
in sforzi eccezionali. La chiamo autoritaria, perché chi fa
comunione supera chi la riceve. Su tutte, eccelle la comunione
materna: quella che la madre realizza col proprio
figlio. È in continua intensificazione.
Ieri aveva una larga suddivisione: la madre comunicava
con 5 o 10 figli. Oggi comunica normalmente con due o
con uno solo. È la concentrazione.
I nove mesi della gestazione li fa essere conviventi (simbiosi)
in maniera unica.
La madre da disponente (elargente): è tutta a disposizione
del figlio; e lui, da mutuante: riceve tutto dalla madre. È la
comunione materna fisiologica.
Questa (induce) regola la seconda, che si farà avanti imperiosa
man mano la fisiologica andrà degradando. La
degradazione ha il suo avvio con la nascita.
Avanza la fisiologica man mano cresce la separazione fisica.
La madre lo vuole mantenere psicologicamente suo,
legato a lei con un nuovo cordone ombelicale: quello della
affettività totale. Oggi la comunione autoritaria prestissimo
viene spazzata via da quella paritaria.
Già la madre la favorisce. Per farlo aderire pienamente
coltiva, alimenta il piacerale di marchio materno e non se
ne accorge che se lo va alienando velocemente. Il dolore
morale ha così la sua accurata e intensa preparazione. Il
suo svolgimento però avrà una sua gradualità. Ma la mia
attenzione va a quei pochi eventi nei quali la comunione
materna viene colpita mortalmente.
Il figlio viene rapito dalla madre sua o da un male violento
o da un segno profeticale o a una disgrazia divorante.
La comunione materna in un attimo viene bruciata e polverizzata.
Indescrivibile quell’annientamento crudele e
disumano. Alla madre rimane solo la meitaria così offesa
e così indignata da trasformarsi in un vulcano che non fa
fatica a raggiungere Dio: ‘Tu non hai un cuore né di padre
né di madre!’. Detto bene. Dio ha un cuore solo sacrificale,
e tu madre hai un cuore egoisticale.

339

Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale.
*) La comunione paritaria: la genitoriale senile. Tre parità.
Mezzi psicologici: affiancamento, dialogo senile.
Abbinata alla meitaria. Giudizio. Il colpo mortale: desolazione,
riattivazione e la ricerca di messaggi medianici.
Quello pneumatico: smettila dalla comunione senile.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare?
Dolore fisico e morale sono il costo del nostro sacrificale. Il
morale: sgorga dal modo abituale di vivere: dal costume di
vita egoisticale: mi faccio su egoisticamente. La mia egoisticità
è comunionale. Comunione meitaria (con me stesso),
comunione autoritaria (sugli altri), con attenzione prevalente
alla materna. Passiamo ora a un’altra comunione egoisticale:
la paritaria. Di esemplari ce ne sono tanti: così la amicale
semplice (due amici), la amicale composita (due amici fidanzati):
alla semplice si aggiunge la sessuale di due fidanziati.
La comunione sponsale: due sposi. Ma la mia scelta è andata
a cadere sulla comunione genitoriale senile. (Fate pure
entrare la fraterna senile) È quella che si instaura fra due genitori,
che permangono in solitudine a seguito del volo iniziale
che li ha provati dei figli. La chiamo paritaria, perché le
diversificazioni svaniscono. Vita da pensionati; anni per
ambedue; acciaccosi. La parità più forte si stabilisce sul piano
vitale che impegna entrambi. Impegno solidale nella tutela e
difesa della salute prima preoccupato, poi tenace, e alla fine
disperato. Entrambi intenti a lottare per la difesa della vita.
(Sostegni psicologici con senso di sicurezza) Elemento decisivo
per quella difesa è la compresenza di ambedue.
1) Affiancamento costante. L’uno vive dell’altro; l’appoggio
da un valido sostegno psicologico (quasi a scongiurare
il distacco): la ragione del continuare a vivere sta nella
presenza dell’altro; il crollo dell’uno non una sola volta
induce il crollo dell’altro. È la simbiosi senile: stiamo in
gamba, perché se cade uno, lo segue anche l’altro. Così
cementati, lottano accanitamente contro la morte.
2) Il dialogo senile si fa intenso assai e sempre accorato.
Discutono insieme sugli accorgimenti da prendere, le
precauzioni da applicare, gli ammonimenti da impartire,
e sono sempre animati dalla paura, dal timore e dal
terrore della partenza. Questa comunione segue l’andamento
della meitaria: più si avanza, più si approfondisce,
più si solidifica, si fa tenace e audace.
Concordano pienamente in un solo impegno: ‘Adesso dobbiamo
guardare di star bene tutti e due’.
Un giudizio è estremamente facile: è una comunione senza
alcun fondamento, campato in aria, fuori dalla realtà, quindi
irreale, finanche assurdo, perché non otterrà alcun rispetto.
È l’ultima fiammata egoisticale. Tutto è pronto per lo
scoppio di un dolore morale che non una sola volta porta
allo spegnimento accelerato della vita che rimane. E il
tempo della permanenza è caratterizzato da una sconsolata
desolazione, che rende incapaci a capire l’enorme sbaglio di
una comunione senile, e dal tentativo ostinato di riattivare
nei ricordi la comunione che la morte ha polverizzato. Un
tentativo vuoto, vano, narcisistico: nocivo assai allo spirito
di chi vorrebbe sciolto il male che si è fatto con la comunione
senile. Con quale coscienza cristiana si tiene acceso lo
stato febbrile del defunto che anela con tutte le sue forze al
suo spegnimento e alla sua totale soluzione? Come mai la
partenza di uno non riesce a sciogliere dalla adesione egoisticale
e a calamitare pensiero, desiderio e preparazione
verso quel traguardo eternale: ‘Smettila dalla tua comunione
egoisticale e lasciami inoltrare nella comunione vitale!’.

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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare. Venga il mio
sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale: il bene che mi
vuol fare: la sua beneficalità.
*) Mi dà la misura esatta del grado di egoisticità comunionale.
Gesù ha presente la massima gradazione parlando
della sua sequela e della comunione con Lui. La misura
reale è dal dolore. Termometro, manifestazione. Ora
nella verità parlata del Visuato.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare? Dolore fisico e morale sono
il suo costo.
Il morale si sprigiona dal costume di vita egoisticale.
L’azione è egoisticale. L’egoisticità che realizziamo è sempre
comunionale.
a) Comunione con me stesso (meitaria)
b) Comunione sugli altri (autoritaria)
c) Comunione con gli altri (paritaria senile)
A ogni colpo inferto a queste comunioni ecco puntuale il dolore
morale di lacrime irrorato. È dolore e pianto egoisticali.
Se continuiamo a pensare che il dolore morale è la punizione
divina su chi ha preferito la comunione con la creatura
a quella con il Creatore, allora non c’è che chinare la
testa e accettarlo da castigati. Il visuato Paterno mi ha
sciolto un simile sentire, e me ne ha passato uno certamente
migliore. Ora il dolore morale lo sento beneficale: è
disposto a farmi un gran bene.
Dobbiamo dunque fare parola della sua beneficalità.
Possiamo fare un lungo elenco completo del bene che mi
fa. La prima sua beneficalità: ‘Mi dà la misura esatta del
grado di egoisticità comunionale’: è quella egoisticità che
io impiego in una comunione.
Gesù parlando di varie forme di comunione egoisticale ha
presente la massima gradazione, che si può realizzare
nelle tre comunioni in parola.
1) Parlando della sua sequela pone come condizione: il
superamento (scioglimento) delle tre comunioni egoisticali:
a) Se uno viene a me, e non odia la sua stessa vita, non
può essere mio discepolo (non può imparare da me).
b) Se uno viene a me e non odia i figli, non può essere
mio discepolo.
c) Se uno viene a me, e non odia sua moglie, non può
essere mio discepolo.
2) Parlando della comunione con Lui, la dice incompossibile
con la egoisticale.
a) Chi ha trovato la sua vita la perderà.
b) Chi ama il figlio, la figlia più di me, non è degno di
me (non può fare comunione con me)
c) Chi ama il marito più di me, non è degno di me.
Ora la gradazione reale raggiunta dalla mia egoisticità
comunionale me la misura moralmente il dolore morale, e
finanche sensibilmente il mio pianto egoisticale; solamente
il dolore morale che mi dà da sentire la comunione egoisticale
stracciata.
Il dolore morale è la chiara, precisa e infallibile manifestazione
del male che mi son fatto all’amore comunionale. È
un autentico termometro della mia febbre egoisticale
comunionale.
È l’ora della veracità del male che mi son fatto all’amore
comunionale. Il dolore morale per ciascuno di noi è verace;
solamente che il fideato non c’è riuscito a illuminarlo
e a farlo parlare.
Lo fa generosamente e puntualmente il visuato Paterno
che dopo di averlo illuminato ce lo fa parlante in un modo
veracissimo. Non lasciamoci inabissare nella desolazione
e nella amarezza disperata di un dolore morale che non
accoglie la verità del suo messaggio.
Diamoci per tempo questa lettura convincente, perché
quando dovremo assaporare il nostro dolore morale non
abbiamo a rigettare quel dono finale.