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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il suo costo: dolore morale.
Inciso: il pianto di Gesù. Di quale amore amava Lazzaro.
Si allontana dalla Giudea per tre mesi.La notizia della morte non sembra toccarlo.
Scherza anzi sulla morte.
Contento per i suoi e prima per sé. Non   piange
subito. Come tratta il pianto altrui. Con Marta dialoga.
Con Maria non una parola. Donde il fremito?

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: dolore fisico e morale sono
il suo costo.
Il morale me lo preparo con la mia egoisticità che fa comunione
con me stesso, sugli altri, con gli altri. La comunione
colpita e infranta mi dà il dolore morale e il pianto. Ambedue
egoisticali, ma anche ambedue sommamente beneficali, per
chi ha appreso l’arte del buon impiego. A confronto abbiamo
posto il pianto di Gesù: che pianto è stato il suo? Non di
gioia, ma di dolore. Di quale dolore? Una risposta a priori ha
escluso quello egoisticale. Ma noi preferiamo arrivarci esaminando
il suo pianto. Gesù ama veramente Lazzaro: tutti ce
lo hanno detto, Gesù compreso.
Di quale amore lo amava?
Un amore che gli fa amare la morte di Lazzaro.
1) Per non essere sollecitato a impedirla, si allontana da
Betania e quindi dalla Giudea. Si allontana sicuramente
per sfuggire alla lapidazione: non era l’ora e neanche il
modo da Lui voluti. Ma anche per non essere presente alla
morte di Lazzaro. Lo lascia morire tranquillamente. Va
nella regione della Perea e vi passa quasi tre mesi; sicuramente
prima di partire lascia a Betania il suo recapito.
2) In Perea, a marzo, lo raggiunge un cursore con una
notizia allarmante per conto delle sorelle di Lazzaro:
‘Signore, ecco, colui che ami è ammalato’. Un qualcosa
di serio e di grave. Non lo è per Gesù il quale fa passare
la malattia in second’ordine, in quanto l’aveva già
disposta e programmata alla gloria di Dio e del Figlio
suo. Strumentalizzata. Servirà alla sua glorificazione.
Nulla di strano quindi che lasci libero corso alla malattia.
Per due giorni non si muove neppure da quel luogo.
3) La leggerezza con la quale tratta l’imminente morte ha in
sé qualcosa di sconcertante. Sembra che ci voglia giocare
sopra. Quando si muove per la Giudea così scherza
con quella morte: ‘Lazzaro, il nostro amico, dorme; ma
io vado a risvegliarlo’. E i suoi cascano tranquillamente
in trappola: un bel segnale di guarigione. Poi ecco tirar
fuori la macabra notizia: Lazzaro è morto.
Si dice contento per loro di non essere stato là per un fine
che li riguarda; ma prima aveva già manifestato la contentezza
per sé, perché gli sarebbe servita alla glorificazione
sua e del Padre.
A questo punto non attendete le lacrime di dolore egoisticale,
perché non ce ne sono e non ci potevano essere. Lui
non piange, e come tratta il pianto degli altri?
Se lo tratta bene vuol dire che è santo, se lo tratta male
vuol dire che è egoisticale.
*) L’unica che non piange è Marta: è la più libera. Appena
sa dell’arrivo di Gesù, lascia tutti e va di corsa da Lui.
Poiché non piange, può ampiamente dialogare per farsi
credere quale veramente è. Maria non si muove neppure,
perché sta sciogliendosi nel pianto. Deve mandarla a chiamare
Gesù. A Maria che piange Gesù non dice una sola
parola. In quel silenzio il pianto di tutti si fa un diluvio.
Niente da dire; solo una richiesta sbrigativa, mentre internamente
un fremito lo fa tutto turbato: ‘Dove l’avete
posto?’. Un fremito fortissimo al punto che lo scioglie in
lacrime. A questo punto dobbiamo dire: neppure l’ombra
di amore e comunione egoisticali. Niente pianto di contagio.
Dal fremito; e che cosa è stato?

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