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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il mio costo: dolore e pianto morale. ‘Il
pianto di Gesù’. Il primo pianto non l’ha spiegato Lui. Lo
fa col secondo: all’ingresso sacrificale solenne: un pianto
parlato. Preparazione, allestimento e svolgimento è da
Lui. Piange sulla città: ignara di ciò che porta alla pace.
Visitazione non riconosciuta; mancata fideazione.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla forma
potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito, affettivamente
stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal visuato
Paterno pronto a rispondere a queste richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: dolore fisico e morale sono
il suo costo.
Il morale me lo preparo con la mia egoisticità che fa comunione
con me stesso, sugli altri, con gli altri. La comunione
colpita e infranta mi dà il dolore morale e il pianto.
Ambedue egoisticali, ma anche ambedue sommamente
beneficali, per chi ha appreso l’arte del buon impiego. Non
adoperiamo il pianto di Gesù per ritenere buono anche il
nostro. Il suo pianto è da dolore pneumatico: anela ardentemente
a fideare la persona sulla sua identità divina sacrificale,
dalla capacità metamorfosale e quindi resurrezionale,
e non ci riesce; di qui il dolore piangente.
(Tutti piangono la morte fisica; solo Lui piange la morte
ecclesiale)
Non domandiamo a nessuno il giudizio su questa diagnosi
presentata. Non è diagnosi teologica o scientifica, ma
Pneumatica. Solo lo Pneuma quindi ve ne può fare convinti.
Avremmo voluto un commento fatto da Gesù stesso sul
suo pianto, e quello non c’è stato. Tanto che i cristiani
l’hanno piegato a un servizio egoisticale: se è buono il suo
pianto, e lo è, allora sarà buono anche il nostro. Rivediamo
ancora il pianto di Gesù dal suo punto di vista.
Dalla risurrezione di Lazzaro distiamo al massimo una
ventina di giorni. È la domenica delle Palme, cinque giorni
prima della Pasqua. In quel giorno si svolge l’ingresso
trionfale di Gesù in Gerusalemme. Così l’hanno sentito e
vissuto i suoi e la gente. Per Gesù invece su il suo solenne
ingresso sacrificale. Preparazione, allestimento e svolgimento
sono in mano a un solo regista: Gesù.
1) La risurrezione di Lazzaro fa da preparazione. La folla
presente non smette più dal parlarne a tutti. Le folle che
accorrono nella imminenza della Pasqua vengono facilmente
notiziate e elettrizzate.
2) L’allestimento viene guidato da Gesù: un puledro d’asina,
mai cavalcato.
3) Lo svolgimento prende un percorso che va da Betfage
al monte degli Ulivi, la discesa dal monte e l’ingresso
in Gerusalemme.
Mantelli stesi per terra, uno sventolio di rami di palma e di
olivo, un gridare entusiasta e gioioso al Figlio di Davide.
Da tutti si grida al Messia, al re di Israele che viene nel
nome del Signore, al regno di Davide che viene. I farisei
tentano di frenare l’entusiasmo appellandosi a Gesù:
‘Maestro, rimprovera i tuoi discepoli!’. ‘Se questi taceranno,
parleranno le pietre’.
Quando il corteo può ammirare la spianata del tempio, se
ne ha un brusco arresto. Gesù con un solo sguardo coglie
l’esteriorità della capitale Gerusalemme; da essa, passa
subito alla interiorità di quella sua cara città; lo tocca, lo
agita, lo commuove: ecco il pianto. Uno strazio: essa non
ha conosciuto quello che porta alla pace. Conseguenze
disastrose, perché non ha riconosciuto il tempo della sua
visita. Visitazione non riconosciuta, fideazione non avvenuta.
Identico motivo del primo pianto, anzi conclusione
del primo. Adesso occorre solamente il tocco dello Pneuma
che ci faccia dire: pianto umano è egoisticale, quello divino
è sacrificale: sacrificale della respinta.

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