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Decimo dono: dire il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Terza richiesta: il costo è dato pure dal dolore morale:
modo di agire: d’animale e di persona. Impiego del mio
amore egoisticale. Toccato, mi dà il sentire determinato:
mi piace o no. Mi faccio su egoisticamente. L’egoisticità
colpita mi dà il dolore morale che mi scioglie in pianto.
Dolore dovuto al mio modo di agire egoisticale.
Egoisticità malamente colpita.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale da
dire e da fare. Bene appellato e collocato. Bene augurato e
perorato: venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale.
Col tuo il nostro: il cosmico, il bellico, l’inimicale, il
fisico: venga il nostro sacrificale fisico. Deriva dalla
forma potenziale della vita. Effettivamente ad essa unito,
affettivamente stralciato da essa. Possibile la riappacificazione
mediante l’amore sacrificale che attingiamo dal
visuato Paterno pronto a rispondere a quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare
Il costo del sacrificale è dato dal dolore fisico, che può
essere naturale o artefatto.
È dato pure dal dolore morale. Se ne parla, ma con molta
superficialità e quindi senza comprensione.
È proprio l’incomprensione che vorremmo rimuovere, e lo
facciamo con l’aiuto magico del visuato Paterno. Il dolore
si specifica doppiamente (è di due specie): c’è un dolore
fisico che ha la sua sede nelle sensibilità corporea; c’è
un dolore che si specifica come morale. Vediamolo.
Morale (che ha la sua sede nel sentire proprio dell’amore),
viene dal latino: mos, moris: indica un modo di agire, e
quindi un costume di vita.
1) L’animale ha un suo modo di agire: agisce adoperando
sempre un suo amore naturale, che non ha nulla di spirituale;
è un amore puramente sensibile, che ha una sua
forma: quella istintiva.
2) La persona ha un suo modo di agire: agisce adoperando
sempre un suo amore spirituale che gli è venuto personalmente
dal Padre al suo primo incominciare.
Nell’atto coniugale in cui sono incominciato un raggio di
spirito di amore Paterno, capace di irradiarsi nelle creature
per la sua metamorfosi Paterna, espropriato mi si cede,
dal suo Agente mi si fa concepire, mi si dà da vivere al
sacrificale: battesimo cresimato Paterno incosciente.
Satana mi impedisce la risposta sacrificale e mi fissa nell’amore
egoisticale, imponendogli la forma dell’istinto:
ecco l’istintivo amore egoisticale. Questo amore è spirituale
e non può essere colto dai sensi, i quali non lo possono
avvertire. Ma l’amore (lui si fa notare) ha una sua
capacità a farsi notare. Infatti quando entra in azione, mi
dà un suo sentire. Non è udire, non è ascoltare i suoni. Il
suo sentire non è indeterminato, ma viene determinato, o
dal piacere o dal dispiacere. Sento che mi piace, sento che
non mi piace: è l’amore che si manifesta in azione: è il
dolore. (Il sentire che non piace è il dolore) Dolore morale;
è il dolore proprio dell’amore che sente.
In me c’è un solo amore: l’egoisticale. Non è fermo, ma in
movimento continuo, perché non posso fare senza adoperarlo.
Adoperandolo io mi faccio su con lui e lui con me.
Il dolore lo sento e nell’atto e nell’abito egoisticale. L’atto
lo chiamo egoisticale; l’abito lo chiamo la mia egoisticità.
Quando viene ferita mi dà la sensazione del dolore. E
quando la mia egoisticità viene colpita a morte, il dolore
che me ne viene è un dolore mortale.
Come abbiamo un dolore fisico attuale proprio di una
malattia, e un dolore fisico mortale proprio di una morte,
così abbiamo un dolore morale proprio di una ferita e un
dolore morale mortale proprio dell’amore egoisticale colpito
a morte. Possiamo allora fermare una definizione: il
dolore morale è un dolore che mi dà la mia egoisticità
quando viene malamente colpita.

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