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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Venga il mio sacrificale fisico.
Quarta richiesta: il trattamento.
1) L’istintivo: il sacrificale fisico ottiene un odio universale.
Esce e si identifica con l’amore egoisticale. Gioia
somma quando lo si vince. Lo odiamo per istinto.
2) Il razionale: non si può sfuggire e allora prendiamolo
come è. Fatalismo che sciupa e valore e funzionamento.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno, che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale, ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale da dire e da fare. Bene appellato e
collocato. Bene augurato e perorato: venga il tuo Regno
sacrificale: temporale e eternale. Col tuo il nostro: il
cosmico, il bellico, l’inimicale, il fisico: venga il nostro
sacrificale fisico. Deriva dalla forma potenziale della vita.
Effettivamente ad essa unito, affettivamente stralciato da
essa. Possibile la riappacificazione mediante l’amore
sacrificale che attingiamo dal visuato Paterno pronto a
rispondere a quattro richieste:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare
3) Quanto mi vieni a costare: dolore fisico e morale sono
il suo costo.
Ed ora eccoci alla quarta richiesta:
4) Come ti devo trattare.
Tra le persone non è facile trovare uniformità nel trattare
una stessa cosa. Uniformità universale nel tempo e nello
spazio l’abbiamo nei confronti del sacrificale fisico. Lo
trattano tutti malissimo.

*)Tutti lo trattano con l’odio. Ogni persona odia sinceramente,
totalmente e accanitamente qualsiasi sacrificale.
Donde? (Sentire universale) L’odio può sembrare un sentire
isolato, indipendente e diverso dall’amore. Mentre
l’odio non solo esce fuori dall’amore, ma si identifica con
esso. Quale? Amandomi io odio.
Odio il Padre che trascino con la morte. Ma non lo farei se
nessuno e nessuna cosa mi fosse contro. Il sacrificale è per
me, ma io me lo sento contro al punto che riscuote un odio
totale e implacabile.
È l’amore egoisticale che me lo fa sentire contro di me. E
di fatto lo odiamo a morte. E quando riusciamo a liberarcene
gustiamo una gioia che è la più grande in terra, anche
se non ha alcuna garanzia di stabilità. Il suo crollo successivo
ci fa moralmente spasimare. Per questo io non voglio
godere di una guarigione recuperata. È gioia egoisticale.
Siccome all’amore egoisticale Satana ha imposto la forma
dell’istinto, il sacrificale ce lo fa odiare istintivamente (di
qui l’uniformità). Nel tempo c’è la vittoria strepitosa di
Satana. Egoisticizzato, l’amore Paterno ha ottenuto per
ciascuno di noi un odio implacabile contro il sacrificale
fisico. Un odio tale che rarissimamente è solubile.
Lo può essere solo pneumaticamente; ma giungere a tanto
non è possibile senza un’azione poderosa dello Pneuma.

**) Il sacrificale lo si può trattare razionalmente.
Poiché il sacrificale insiste inevitabilmente su ciascuno,
non può non ottenere un minimo di attenzione che si volge
in riflessione. Eccone alcune semplici: la morte è universale:
muoiono le piante, muoiono gli animali, muore l’uomo.
Ora la scienza cosmica ci viene a dire che morirà
anche il cosmo: cielo e terra; e non per una morte decretata
attuata dal suo Creatore, ma per una sua involuzione
naturale. Due fasi: una evolutiva, seguita da una involutiva.
È l’andamento di tutto quello che ha avuto una forma
piccolare al suo incominciare.
Vista la ineluttabilità della morte, ecco un sentire conseguente:
non si può scappare, e allora la prenderemo come
arriva e quando arriva.
Una rassegnazione puramente umana, che ha sapore di
fatalismo, ha sapore di schiavismo, ha sapore di amaro, di
sconfitta inevitabile. Anche senza il racconto biblico che
assegna la morte a un castigo divino, la morte non può che
assumere l’aria di dominatrice assoluta, sulla quale non si
sa chi possa ottenere vittoria. Mi fa orrore un simile trattamento
che scende da una grave cecità intellettuale, che
mi fa aggrappare gioiosamente alla luce nuova che mi fa
amare il sacrificale fisico.

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